Enrico Maccaferri

Enrico Maccaferri nasce a Mirandola il 17 di luglio del 1990.
Già piccolo, dimostra attitudini nel disegno, con una sensibilità particolare nell’uso del colore. Studia l’arte della ceramica all’Istituto d’Arte A.Venturi di Modena.

Conosce Sartori nell’ arte plastica, i migliori maestri ceramisti faentini e modenesi, quali Leopardi e Valentini; in modo specifico Italo Consorti, grande maestro ceramista di Castelli, che gli insegna la tecnica ceramica del Raku, che gli permetterà di esprimersi in originali sculture, dalle superfici metalliche screziate. Una di queste, dedicata a Tazio Nuvolari, è conservata nel Museo dell’Istituto d’Arte Venturi, e ha ricevuto il riconoscimento, come opera più originale partecipante al Concorso dedicato al grande campione.
Nel 2009 si diploma col massimo voto nella tecnica di laboratorio della ceramica.

Continua la sua ricerca artistica, sperimentando nuove tecnche che completano le sue collezioni scultoree. Nascono così i suoi “Biblos”, Libri di pietra eseguiti in ceramica Raku. Sono sculture di cm 40x50 circa, con spessori variabili tra un centimetro e dieci cm.
I suoi “Libri”, raccontano del tempo, della musica, della vita scritta e quella da scrivere, delle paure dell’uomo, delle sue sicurezze e incertezze, delle sue passioni, dei suoi amori; parlano con lingue antiche, moderne, conosciute e sconosciute, alcune da decifrare.
Le linee armoniche che li incidono e li scolpiscono, risalgono dalle profondità delle pagine, come forme fuse scorrevoli, forgiate incandescenti nel crogiolo dell’interiorità, poi scaturite e consolidate all’aria e all’acqua, sulla terra, in aggregati di materia luminescente vibrata da movimenti metallici.

Sono opere complete, originali e irriproducibili, nelle quali Enrico esercita una costante ricerca tecnica per nuove superfici scultoree e cromatiche, nell’espressione artistica della sua sensibilità, che scaturisce dalla riflessione profonda dell’essere umano.

La biblioteca della vita
Enrico Maccaferri e i suoi libri incantati

Le parole sono incastonate come gemme nel mistero di pagine iridescenti, sono sillabe che affiorano dalla profondità del tempo. Non importa se non si riesce talvolta ad afferrarne il significato, la loro forma è già un linguaggio, la loro esistenza d’arte è un messaggio carico d’intensità. I libri aperti del giovane Enrico Maccaferri (nato a Mirandola nel 1990) possono sembrare di pietra, ma sono di terra, plasmati e cotti, quindi impregnati di sostanza vitale che s’anima nei cromatismi minerali e cangianti della tecnica raku. Le frasi che riportano sono formule sacre arcaiche ed eterne, fissate su una materia persistente solo in apparenza, in realtà fragile, ma anche per questo palpitante, umana. Questi grossi libri sono creature che emanano e narrano una “storia infinita”, proprio come il magico volume dell’omonimo romanzo fantastico di Michael Ende. Hanno superfici come reticoli venosi su chiare epidermidi da dove improvvise possono uscire increspature di mani, parvenze di volti, spine cerebrali, simulando corporeità. Altrove le pagine paiono fondali primordiali crepati e rugosi, ma in fermento generativo, da dove emergono le parole (caratteri greci, lingue arcaiche), magiche o sacre. Sono epifanie strappate all’oblio e spesso senza un ordine, ma con la logica evocativa dell’enigma. Come i geroglifici nella pittura rinascimentale, tradiscono il loro senso contingente per farsi enunciazioni d’assoluto, emblemi in forma e sostanza che possono rivolgersi ad ogni uomo.
Si dice che l’arte, nelle sue varie declinazioni, conduca lontano, nello spazio e nel tempo, in un saliscendi che va dalle profondità della coscienza alle vette del sogno. E oltre, alle imperscrutabili altezze del divino.
Qui in più c’è la simbologia millenaria del libro che trattiene nelle pagine tutto il possibile iniziando chiunque vi s’accosti al viaggio della conoscenza e della fantasia. Ma non possiamo né dobbiamo sfogliarli, né entrarvi dentro. Ci vengono allora incontro, paiono animarsi, mentre intuiamo che la prossima invisibile pagina può essere la svolta di un pensiero, l’immersione nella meditazione, il volo della preghiera, la domanda che dischiude la vertigine dell’infinito. Questi libri non sono simulacri, monoliti del sapere, né semplici decorazioni, ma forme vibranti come incarnazioni. Sono inusuali “libri d’arte” che riportano solo brevi frasi, parole e figure incomplete ma essenziali, quelle che riconducono a tutto il resto e valgono davvero. Inghiottite dalla terra, dal tempo sono infatti restituite dal procedimento, quasi alchemico, della ceramica raku. Sono dunque anche un tributo alla ricerca inesausta e alla creatività dell’uomo. Raccontano l’eterna parabola dell’esistenza dove tutto quello che è scritto può ritornare, la prima parola è l’ultima e viceversa. Ci sono strade di terra e di carne, di luce e d’ombra da percorrere e in queste opere sembrano schiudersi davanti a noi, germinare, animarsi. E’ la biblioteca della vita e ognuno ha il suo libro, la sua frase. Quale sia lo deve solo scoprire.

Manuela Bartolotti
Critico d’arte

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